Coronavirus. Come sono nate le teorie di complotto sulla creazione in laboratorio e perché sono infondate
Un servizio del Tg Leonardo del 2015 su un virus-chimera realizzato in Cina ha riacceso le suggestioni complottiste sul nuovo Coronavirus “fuggito da un laboratorio di Wuhan”, di cui abbiamo trattato e smentito numerose volte.
Come spiegavamo già quasi un mese fa, rispondendo a un articolo apparso sul Fatto Quotidiano, dove la storia del virus-chimera venne riportata per la prima volta, si trattava di “impiantare” in un coronavirus tipico dei topi una glicoproteina di un ceppo dei pipistrelli, in modo da studiare come penetrasse nelle cellule per moltiplicarsi.
Gli studi scientifici usati a sproposito dai complottisti
Potete risalire ai metodi utilizzati nell’esperimento incriminato – e che effettivamente destò comprensibili preoccupazioni – nell’articolo di Nature Medicine, dove i ricercatori – tra cui Shi Zhengli (già accusata di essere una “untrice”) – descrivono la realizzazione del virus chimera, loro stessi per altro avvertono dei pericoli che questo genere di studi comporterebbe.
Zhengli, come altri co-autori dello studio, lavorava proprio nel “famigerato” laboratorio di Wuhan, di cui scriveva David Chyranoski, in un articolo di Nature del 2017. Come facevamo notare, analizzando il modo in cui questa fonte veniva riciclata, sostenendo le prime tesi di complotto, è lo stesso autore a non credere all’idea che SARS-CoV2 provenga da un laboratorio, dove si studiano patogeni già noti da decenni prima.
Non a caso nello stesso articolo di Chyranoski è visibile una nota di Nature, dove si mettono in guardia il lettori da queste credenze:
«Molte storie hanno promosso una teoria non verificata secondo cui il laboratorio di Wuhan discusso in questo articolo ha avuto un ruolo nell’epidemia di coronavirus iniziata nel dicembre 2019».
«Nature non ha alcuna prova che ciò sia vero; gli scienziati ritengono che la fonte più probabile del coronavirus sia un mercato di animali».
La presunta “omertà” della comunità scientifica
Quando venne pubblicato un interessante studio sulle origini del nuovo coronavirus, dove si analizzavano altre ricerche basate sul genoma (reso pubblico), questo venne “rovinato” da una ipotesi aggiuntiva: da un lato si riconosceva che il virus originava da un ceppo tipico dei pipistrelli, dall’altro si ipotizzava che i serpenti fossero gli ospiti intermedi, che avrebbero permesso il salto nell’uomo.
L’ipotesi dei serpenti venne presto scartata dalla Comunità scientifica, così lo stesso Chyranoski pubblica assieme a Ewen Callawey un nuovo articolo, dove espone le obiezioni degli esperti, in quanto i serpenti non potevano affatto ospitare il coronavirus. Non una riga in cui Chyranoski avanzi l’ipotesi, che la fase intermedia più plausibile potesse essere quel laboratorio di Wuhan, di cui trattò tre anni prima.
Non si tratta di “omertà”, come potrebbero pensare i complottisti, bensì di logica, applicata ai dati sul genoma del virus. Da decenni sono studiati nel mondo i patogeni di origine zoonotica – in particolar modo quelli dei pipistrelli – tutto alla luce del Sole.
SARS-CoV2 è stato inoltre isolato in diversi paesi del Mondo, compresa l’Italia. In questo modo abbiamo potuto studiare la filogenesi dei ceppi giunti al di là della Cina. Non vi è alcun dubbio, sul fatto che il virus non presenti nel suo Rna tracce di ingegnerizzazione, né è pensabile che sia stato “allevato” in colture di laboratorio, o in pipistrelli tenuti in cattività, come si tentò di dimostrare maldestramente in uno studio preprint, poi ritirato dagli stessi autori.
Non c’è un genetista o virologo al Mondo, che abbia riscontrato anomalie nel percorso che dai pipistrelli ha portato all’uomo. In fondo, è un po’ come quando si sostiene che gli esseri umani sono stati “creati” da antichi alieni, ingegnerizzando i primi ominidi: un “anello mancante” su cui speculare si trova sempre. In questo caso gli “alieni” siamo noi.
Le tesi di complotto smontate dalla logica e dagli esperti
In Italia diversi esperti veri si sono espressi in merito, bocciando senza appello le suggestive ipotesi del virus ingegnerizzato. Uno di questi è il virologo Roberto Burioni, che cita proprio un recente articolo di Nature, definendo l’ipotesi «L’ultima scemenza». Nature non fa altro che certificare, alla luce dei dati sul genoma, l’estrema improbabilità di una ingegnerizzazione.
Guido Silvestri, professore ordinario e capo dipartimento di Patologia alla Emory University di Atlanta, ci informa che le teorie di complotto sul virus prodotto in laboratorio, sono «come sostenere che l’Hiv non esiste».
L’epidemiologo Pier Luigi Lopalco in una recente intervista a Open, spiegò che «i virus coltivati in laboratorio non sono sottoposti alla pressione di un sistema immunitario. Quando un virus colpisce l’uomo, ci sono alcune particelle virali che vengono uccise dal sistema immunitario», insomma, sarebbe molto difficile – e costoso – creare un virus nuovo e “funzionante” contro le persone, mentre esistono già altri noti che si sarebbero potuti usare.
Ed effettivamente queste tesi di complotto in origine, si basavano sulla confusione tra la famiglia dei coronavirus noti e quello apparso a Wuhan, esibendo addirittura brevetti di coronavirus attenuati, che nulla potevano centrare col SARS-CoV2; solo dopo queste tesi si sono “raffinate”, coinvolgendo addirittura Bill Gates, e oscuri piani militari.
«Come per ogni complottismo – continua Lopalco – non si può dimostrare che questa tesi non sia vera, ma finché non vengono presentate delle prove, quella del virus uscito da un laboratorio rimane solo un’ipotesi fantasiosa». Sì, perché sommando una serie di “zeri”, come risultato avremo sempre uno “zero”.
Infine, ricordiamo le affermazioni di Massimo Galli, primario dell’Ospedale Sacco di Milano: «sulla base delle caratteristiche e comportamento appare evidente che è un virus che si è evoluto e cresciuto in natura, non certo in laboratorio, come ipotizzato da alcuni complottisti».
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